Brano: [...]ì nel 1946 nella Mostra della Resistenza, voluta dal C.V.L. Alta Italia, ch’egli stesso diresse e allestì a Parigi, presso l’Accademia di Belle Arti. Analogamente, nel 1950, egli ordinò presso la Federazione Comunista di Milano una mostra storicoiconografica del P.C.I. dalla sua fondazione, primo tentativo di raccogliere un prezioso materiale disperso e mai prima d'allora riunito in una sequenza cronologica.
Democratico del lavoro, Partito
Democrazia del lavoro. I fondatori di questo partito ne fanno ascendere le origini (come « Democrazia del lavoro ») al 1942, mentre ancora durava la tirannide fascista. Il Par
tito democratico del lavoro fu costituito come tale dopo la liberazione di Roma (4.6.1944), con la fusione di alcuni gruppi politici di tendenza democraticosociale che già avevano operato clandestinamente nell’Italia occupata dai tedeschi.
La Democrazia del lavoro
Un articolo apparso nell'estate 1943 sul primo numero clandestino di Democrazia del Lavoro faceva risalire l’origine del movimento a tre correnti principali: al radicalismo democratico di Agostino Bertani, Felice Cavallotti ed Ettore Sacchi; al socialismo riformista, nato nel 1911, allorquando i socialisti di destra erano stati espulsi dal Partito spcialista; e alla Democrazia del lavoro, gruppo antifascista formatosi nel corso della seconda guerra mondiale e riallacciantesi alla storica « sinistra » democratica italiana.
La maggior parte dei quadri del nuovo partito, scrive Mario Vinciguerra, aderiva alla « ripristinata Massoneria del Grande Oriente, anziché a quella di rito scozzese! che s’era macchiata di servilismo verso il passato governo per ottenere una sprezzante tolleranza ».
La Democrazia del lavoro cominciò a riorganizzarsi alla vigilia della caduta di Mussolini, quando uomini come Ivanoe Bonomi (v.) e altri ex parlamentari del periodo prefèscjsta, ristabiliti i contatti tra loro, cercarono di influenzare autorevoli rappresentanti della borghesia che si andava staccando dal fascismo, tentarono approcci con Casa Savoia e con lo stesso Vittorio Emanuele III per invitarlo a rompere col fascismo. I fondatori della Democrazia del lavoro, che si fecero più attivi alla vigilia del 25.7.1943, si presentavano altresì come eredi dell’Unione Nazionale fondata da Giovanni Amendola nel 1925.
Il gruppo, rappresentato da Meuccio Ruini, aderì al Comitato delle correnti antifasciste presieduto da Ivanoe Bonomi, di cui facevano parte esponenti del Partito d'Azione, comunisti, democristiani, liberali e socialisti. Il 9.9.1943, quando si formò a Roma il Comitato centrale di liberazione nazionale (v.), la Democrazia del lavoro vi venne rappresentata da Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini e Mario Cevolotto; quest’ultimo fu designato anche membro[...]
[...]più attivi alla vigilia del 25.7.1943, si presentavano altresì come eredi dell’Unione Nazionale fondata da Giovanni Amendola nel 1925.
Il gruppo, rappresentato da Meuccio Ruini, aderì al Comitato delle correnti antifasciste presieduto da Ivanoe Bonomi, di cui facevano parte esponenti del Partito d'Azione, comunisti, democristiani, liberali e socialisti. Il 9.9.1943, quando si formò a Roma il Comitato centrale di liberazione nazionale (v.), la Democrazia del lavoro vi venne rappresentata da Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini e Mario Cevolotto; quest’ultimo fu designato anche membro della Giunta militare del C.L.N. stesso.
Nel gennaio 1944 la Democrazia del lavoro fu rappresentata al Congresso dei C.L.N. di Bari (v.) da Francesco Cerabona, Vincenzo Rinaldi,
Domenico Tripepi, Mario Montessori, Pietro Massari, Nicola Lombardi, Silvio Danza, Andrea Galdo, Giuseppe Patruno. A rappresentare il partito in seno alla Giunta esecutiva venne designato Francesco Cerabona.
Nella Guerra di liberazione
Durante l’occupazione tedesca i demolaburisti curarono la diffusione dei periodici clandestini Ricostruzione, « Democrazia del Lavoro » e L'azione democratica.
Un certo numero di bande armate fu capeggiato da uomini influenzati dalla Democrazia del lavoro [...]
[...] rappresentata al Congresso dei C.L.N. di Bari (v.) da Francesco Cerabona, Vincenzo Rinaldi,
Domenico Tripepi, Mario Montessori, Pietro Massari, Nicola Lombardi, Silvio Danza, Andrea Galdo, Giuseppe Patruno. A rappresentare il partito in seno alla Giunta esecutiva venne designato Francesco Cerabona.
Nella Guerra di liberazione
Durante l’occupazione tedesca i demolaburisti curarono la diffusione dei periodici clandestini Ricostruzione, « Democrazia del Lavoro » e L'azione democratica.
Un certo numero di bande armate fu capeggiato da uomini influenzati dalla Democrazia del lavoro o comunque collegati a questa forza politica, come nel caso del colonnello De Rubeis Mondovì.
Il 27.6.1944, nella Capitale liberata, « Ricostruzione » fornì un elenco di caduti nella Resistenza romana appartenenti alla Democrazia del lavoro: Giovanni Rampulla, Paolo Frasca, Gaetano Forte, Gaetano Butera, Giovanni Senesi, Alberto Giacchini, Arturo D'Aspro, Candido Manca, Antonio Roazzi, Guerrino Sbardella, Giorgio Conti, Amedeo Liddonici, Mario Mori, tutti fucilati. Paolo Musei Ilo, Edvino Gaio, Saverio Savino, Salvatore Siciliano, Vitulliano Quintino, Pietro Guerrini.
Più che dare un contributo alla lotta armata, la Democrazia del lavoro operò soprattutto all'interno del C. L.N. centrale, a sostenere un orientamento di attesismo (v.) che, a Roma, fece prevalere posizioni moderate e conservatrici. Al Nord queste posizioni furono regolarmente respinte e, d’altronde, la Democrazia del lavoro non entrò nemmeno a far parte del C.L.N..
In seno al C.L.N. centrale Bonomi, Alcide De Gasperi (Democrazia cristiana) e Alessandro Casati (Partito liberale) formavano un gruppo di maggioranza che, sulle questioni fondamentali, mise costantemente in minoranza i partiti di sinistra.
Poiché il presidente Bonomi non rappresentava formalmente alcun partito, la Democrazia del lavoro si avvantaggiava dal fatto di avere in seno al Comitato due rappresentanti, anziché lino come tutti gli altri partiti. Attraverso esplicite proposte, ma anche ricorrendo a manovre, rinvìi di riunioni e di decisioni, le forze di maggioranza riuscirono a far prevalere posizioni attesiste anche riguardo alla insurrezione di Roma: «Là liberazione è prossima, gli Alleati stanno p^r arrivare; è inutile rischiare, conviene attendere, è questione di settimane o di giorni. Pensiamo piuttosto a cosa dovremo fare dopo ».
Questa posizione prevalse in seno al C.L.N. centrale. I demolaburisti pensavano [...]